Parco regionale di Montevecchia e della valle del Curone
Parco regionale di Montevecchia e della valle del Curone

Quattro passi nel Parco in Inverno: Mondonico e le falde del San Genesio

Con la legge regionale del 7 aprile 2008 Mondonico entra a far parte del Parco Naturale di Montevecchia e della Valle del Curone. Le Guardie Ecologiche Volontarie (G.E.V.) hanno quindi deciso di inserire nel “fitto” calendario delle loro uscite una visita guidata per far conoscere questo “nuovo” angolo del Parco. La data è indubbiamente invernale ma con un minimo di fortuna “metereologica” siamo convinti che ne trarremo una bella esperienza. La visita ha carattere divulgativo. Sarà un piccolo viaggio a piedi nei campi, nell’antico borgo e nel Valloncello da cui nasce un ramo del torrente Molgora, valle suggestiva la cui bellezza è stata lo sfondo di numerosi quadri del pittore Conte Emilio Gola; si prosegue per poi giungere nei pressi di una residenza patrizia e di una chiesetta purtroppo in stato di abbandono ma testimoni di un passato importante.
Un’ultima cosa prima di partire: anche per noi Guardie Ecologiche il territorio di Mondonico è un qualcosa di nuovo che stiamo “imparando” a conoscere con Voi. Crediamo che per conoscere un territorio bisogna viverlo, camminare su di esso, incontrare persone del luogo e ascoltare i loro ricordi. Qui la nostra presenza è recente ma già abbiamo conosciuto persone affabili che sono l’anima del luogo. Onestamente oggi non siamo preparati a trasmettere in profondità questi sentimenti. Contiamo in una umile frequentazione di luoghi per poi rivisitarli insieme con altri occhi.

APPUNTI
(Per il piccolo viaggio a piedi. Chiese, ville, strade, edicole, case e luoghi sono nell’ordine in cui ci arriviamo.)

SAN ROCCO E SAN SEBASTIANO
L’antica chiesa, in origine solo dedicata a San Rocco, era annessa alla Villa Gerli ed è descritta nelle visite pastorali al tempo di San Carlo Borromeo. La vecchia chiesa, nonostante la disponibilità a finanziarne il restauro da parte della famiglia Gerli è stata demolita nel 1920. La costruzione dell’attuale Chiesa, fortemente voluta dalle Famiglie Boselli e Calcaterra, vede la posa della prima pietra il 12 novembre 1914. I lavori si interrompono a causa della prima guerra mondiale per riprendere alla fine del conflitto. La nuova chiesa viene inaugurata il 16 agosto 1919 festa di San Rocco.
All’interno della chiesa sono tumulate le spoglie dei Monsignori Federico Sala e Pietro Mozzanica, Vescovi e uomini di profonda cultura ai quali Monticello ha dato i natali. Il loro ricordo è sancito dalla pietra tombale “affinché una sia la loro tomba il loro spirito e la loro eterna memoria”.
Qui passavano i binari della Dècauville dell’Italcementi, un treno a vapore a scartamento ridotto (ul vaporen) su i cui vagoni veniva trasportata la marna dalle cave al cementificio detto il “Fabbricone” vicino alla stazione di Olgiate .

VILLA BOSELLI
Durante l’ultimo periodo bellico ha ospitato le Suore Benedettine sfollate da Milano. Nel corso della loro permanenza le suore diedero vita alla scuola elementare femminile che funzionò fino agli anni cinquanta quando le suore ritornarono a Milano al loro convento d’origine.

SAN DONNINO
(militare romano convertitosi al Cristianesimo e martirizzato a Fidenza nel IV secolo) in dialetto San Dunen. L’esistenza di una chiesa con questa dedicazione accredita la tesi circa l’esistenza di una via di comunicazione che collegava questa zona a Como dove ancora oggi vi è una chiesa anch’essa dedicata a San Donnino. Pure la parrocchia di Giovenzana è dedicata a San Donnino. Anche questo fatto richiama l’esistenza di un antico asse viario che conduceva al monte quando i sottostanti terreni erano paludosi. Prova è che nella zona non vi sono altre dedicazioni a san Donnino. Il Dozio (Don Giovanni Dozio n. Porchera 1821- m. Valmara 1863 uomo di cultura la cui scienza toccò anche campi lontani dalla religione) cita un documento del 1524 (non più rintracciabile) che indica la presenza di un Lazzaretto presumibilmente gestito dalla confraternita degli Umiliati i cui membri davano conforto ai sofferenti ed ai moribondi.

MONDONICO
in dialetto “Mundunegh”, deriva dal latino “Mons Dominicus”, ovvero monte di proprietà del dominus (feudatario). Il paese ha la sua origine, intorno all’anno mille, con la costruzione di un castello di proprietà della nobile famiglia Vimercati ( Capitani di Vico Mercati/De Capitani da Vimercate) , di origine Longobarda.
In un documento del 1416 è citato il nome del nobile Antonio Vimercati quale proprietario di un bosco chiamato “Silvadonegha” (silva dominica).
Nel nome Mondonico si riassume l’organizzazione della società medioevale. A quei tempi al Dominus erano sottoposte due categorie di servi: I dominici, servi indominicati , che prestavano servizio presso la casa padronale e nei fondi (chiusi) del dominus e gli incasati, (servi casati), a cui veniva assegnata un’abitazione con un terreno per il sostentamento in cambio di un tributo costituito da una certa quantità di mano d’opera da fornire al feudo oltre ad una “tassa” costituita da una parte della produzione agricola e da capi di bestiame. Era sottointesa la fedeltà al Dominus. Testimonianza di questa organizzazione si ha ancor’oggi nei toponimi riferiti alla cascina Incasate (dial. Incasà) ed ad alcuni terreni chiamati i Cioss , un tempo fondi chiusi “ad clauxum” di proprietà del feudatario.

La nascita di Mondonico è frutto di una colonizzazione che viene dal Monte poiché i terreni pianeggianti che oggi vediamo, prima delle bonifiche avvenute nel corso del medioevo, erano paludosi. Infatti per raggiungere le frazioni di Valmara, Porchera e Olcellera si passava per il Monte attraverso tracciati di una certa importanza ancor’oggi percorribili. La strada che oggi porta direttamente dalla Squadra di Mondonico alla frazione Valmara, Via alle Scuole, é relativamente recente in quanto aperta nel 1807. Al tempo fu definita “strepitosa per la sua rapidità”.
Nel 1760 Mondonico e Olgiate diventano Comuni nel significato moderno del termine. Il governo Austriaco determina i Comuni sulla base di affinità territoriali e non sulla base delle proprietà del Dominus come avveniva in epoca medioevale.
Nel 1816, sotto il Regno Lombardo Veneto, Mondonico, continua ad essere un Comune autonomo di 824 abitanti del distretto di Brivio. Si noti che allora Mondonico comprendeva Porchera, Olcellera, Borlengo e Vallicelli ovvero tutta la zona che lambisce la base del Monte di Brianza sino ad arrivare alla vecchia Strada Statale 36 in prossimità della rotonda dell’ ex “Consorzio Agrario”.
Nel 1927, quando Mondonico contava circa 1400 abitanti viene aggregato, come frazione all’allora Comune di Olgiate Calco, oggi Olgiate Molgora.

CAPPELLETTA DI SANT’ANTONIO DI PADOVA
Si trova sull’angolo della recinzione del giardino di Villa Maria. Non a caso la Cappella privata della villa, edificata ai primi del ‘700 da Vincenzo Luigi Bonfanti, è dedicata a San Luigi Gonzaga e a Sant’Antonio di Padova. La dedicazione a Sant’Antonio richiama una preesistente chiesa di campagna già in pessime condizioni ai tempi di San Carlo Borromeo. San Luigi è in onore del Santo di cui il Bonfanti portava il nome.

VILLA MARIA ALLA SQUADRA DI MONDONICO
Il nucleo originario risale al quindicesimo secolo. Era l’abitazione della potente famiglia dei Bonfanti, dal 1684 divenne anche sede del feudatario marchese Carlo Maria Erba che in zona acquistò i comuni di Mondonico, Porchera, Valicelli e Olcellera. Dai Bonfanti e dagli Erba, nel settecento, la proprietà passò alla nobile famiglia dei Rho che ampliarono la villa dotandola dello stupendo ingresso barocco con effetto scenico. Nel 1802 la proprietà passa alla famiglia Secco D’Aragona. Il complesso è inserito in un magnifico ambiente rurale; alle ville patrizie facevano capo le grandi aziende agricole, vere e proprie “industrie” di un tempo. Infatti nelle loro vicinanze si ergevano le cascine abitate dai contadini. Alle spalle di Villa Maria vi è il complesso dei cascinali della Squadra che alcune mappe del tempo indicavano, unitamente alla villa, come frazione.

LA SQUADRA
Anche questo toponimo ricorda l’organizzazione della società nel medioevo e rimanda al rapporto tra il feudatario ed i servi massari ai quali venivano assegnati appezzamenti di terreni detti squadre. Da notare che i servi massari discendevano dai servi dominici, nel tempo la loro condizione sociale si avvicinò a quella dei piccoli proprietari tanto che la qualifica di massaro venne ad identificare entrambe le categorie.

CHIESA DI SAN BIAGIO
L’anno della sua edificazione - 1536 - è certificato da una tavoletta tutt’ora visibile sul lato sinistra dell’edificio sacro. La chiesa era originariamente dedicata a Santa Maria della Purificazione. L’attuale nome è stato ereditato da una preesistente chiesa di San Biagio del 1200, oggi scomparsa, allora situata “in una parte più alta del monte attiguo” così come viene documentato in occasione della visita pastorale del 1570 di Padre Leonetto Clivone, inviato da San Carlo con lo scopo di studiare l’effettiva situazione della Diocesi per poi dare il via alla riforma ecclesiastica. Il Clivone attesta altresì il buon stato dell’attuale chiesa, ne elenca gli affreschi di buona fattura in parte rinvenuti in occasione delle recenti opere di restauro. Viene anche documentata la presenza di un cimitero e di una casa, tuttora esistente.

“LA BRIANZA” DEL CAV. SILVIO SALA”
Storica azienda di Mondonico specializzata nella produzione dei “semi” del baco da seta la cui crescita avveniva grazie a speciali incubatrici. La conservazione della “sumenza” era resa possibile dall’utilizzo di ghiacciaie. Come noto i bachi da seta si nutrono delle foglie del gelso (murun). Un censimento del 1943 attesta la presenza nella sola zona di Olgiate di ben 19.000 piante di gelso lavorate. Il dato, sebbene impressionante, è riferito ad un epoca in cui la bachicoltura era in declino!
Il declino della bachicoltura iniziò con la crisi mondiale del 1929. L’industria serica italiana fu ulteriormente penalizzata dalle sanzioni internazionali poste nei confronti dell’Italia per la guerra in Etiopia (1935). Il colpo finale lo si ebbe nel 1940 con la comparsa del calcino, una malattia epidemica che uccideva il baco lasciando la larva bianca e friabile come la calce.
Nel 1937 la ditta “LA BRIANZA” occupava 117 persone del circondario; nell’immediato dopoguerra i dipendenti erano 47. Alcuni anni dopo l’opificio divenne sede della ditta MI.MO.SA azienda operante nel settore della maglieria d’alta moda. Oggi la fabbrica di Mondonico è chiusa.

VIA EMILIO GOLA
E’ la strada che sta dietro al paese e lo separa dal Monte. Un tempo era molto più stretta ed era acciottolata. Con lo sbanco per l’allargamento il secolare muro a secco di contenimento è stato sostituito da un “frettoloso” muro di cemento armato.

OSTERIA
Fino agli anni sessanta Mondonico aveva una sua osteria prima ubicata in una vecchia casa di via Gola poi, sempre “lì vicino”, in una delle poche case di nuova costruzione. L’osteria, e ciò che vi stava intorno, era forse l’unico svago dei nostri nonni. E’ curioso ricordare che a Mondonico all’inizio del ‘900 vi era un “CIRCOLO ECONOMICO FAMIGLIARE” che aveva nello statuto lo scopo di “distribuire il vino ed altre bevande a tutti i dimoranti di Mondonico”. I soci dovevano avere almeno 17 anni. I minori di questa età potevano accedervi solo se accompagnati ma non potevano “prendere parte a nessun gioco”. Lo statuto prevedeva, pena l’espulsione, il divieto di giocare alla morra, ai giochi d’azzardo e di ballare. Erano pure vietati i discorsi politici e religiosi. Infine lo statuto recitava che “Il socio defunto verrà accompagnato dai soci in Chiesa ed al Cimitero”.

CURT DEL MURON
E’ una corte che prende il nome da un gelso secolare che troneggia nel mezzo di essa. Oggi le case che vi si affacciano sono state completamente ben ristrutturate; gli interventi sono stati effettuati con criteri diversi causa le numerose proprietà. La casa a sinistra dell’ingresso della corte è stata l’ultima sede del Comune di Mondonico. La corte si affaccia su un piccolo slargo che veniva considerato la piazza del paese.

CA’ BUNFANTA
(nel dialetto locale la vocale “A” si pronuncia come una “O” chiusa). Sulla facciate di questo antico edificio vi è una lapide che recita: “QUI TENNE SUO STUDIO IL PITTORE CONTE EMILIO GOLA DAL 1892 AL 1923”. Qui, il Gola si accosta al naturalismo lombardo e questo studio, vicino alla villa di Olgiate era vicino anche al valloncello, all’acqua , agli alberi e alle donne popolane dei suoi quadri. In questa casa sotto il governo austriaco aveva la sede il comune di Mondonico successivamente venne trasferito al numero 5 dell’attuale via Gola.

CA’ RIVA
In questa edificio tenne lo studio il pittore Aldo Carpi (1886-1973) sfollato da Milano durante l’ultima guerra mondiale per sfuggire ai bombardamenti. Venne arrestato in questa casa dai fascisti il 23 gennaio 1944 con l’accusa di aver aiutato una studentessa ebrea durante un esame all’Accademia di Brera. Una lapide posta dall’amministrazione comunale il 7 ottobre 1973 ricorda l’evento e recita: “ALDO CARPI Pittore onorò quest’umile casa ove venne arrestato il 23 gennaio 1944. Deportato nei Lager nazisti illustrò il suo martirio con il diario di Gusen”.

VIA CASATE
Una strada incredibile d’altri tempi. La si può percorrere solo a piedi. Dopo un tratto immerso in una campagna con edifici di altri tempi, da cui si vede il “rovescio” di Mondonico, si arriva alla “piazzetta” della frazione Incasate. Oggi questa strada è per lo più nota ai soli abitanti del paese ma la sua importanza d’un tempo è testimoniata da un’indicazione (oggi completamente sbiadita) posta su una vecchia casa che probabilmente indicava il mandamento e la provincia del luogo. Dalla piazzetta si scende, per mezzo di un’antica scalinata in pietra del ‘700, alla strada asfaltata che tutti conoscono.
Ai piedi della scalinata vi è un’edicola con l’immagine della Madonna che è il completo rifacimento della cappelletta edificata nel dopoguerra e benedetta nel 1948.

VIA CARADOSSO
Il Caradosso, al secolo Cristoforo Foppa, nacque intorno al 1450 presumibilmente a Mondonico. Apparteneva ad una famiglia di orafi, professione ereditata dal padre Gian Maffeo. Poco noto ai più, il Caradosso è una figura di spicco nell’oreficeria italiana del ‘500. Si ritiene essere stato il maestro del più noto Benvenuto Cellini. Agli inizi operò nella vicina Milano alla corte di Ludovico il Moro per poi passare al servizio di Beatrice d’Este. Quando era alla corte papale di Giulio II , il Caradosso ne realizzò la tiara il cui disegno è oggi conservato al British Museum. Morì a Roma nel 1526.
E’ strabiliante notare come questo piccolo lembo di terra abbia dato i natali a grandi uomini!

CURT DI BOS
Ritornando verso l’arco, rientrando in paese percorrendo via Molgoretta, sulla sinistra si trova la Curt di Bos. Qui vi era la scuola del ret o pizzo in Filét. Da questa scuola sono passate tantissime ragazze d’altri tempi ad imparare un’arte antica che poi andava a far parte della loro dote. Gli anziani ricordano ancora la “signora Mentina” storica maestra della scuola.

ARCO DI MONDONICO
E’ la parte più antica di Mondonico: Un castello rurale che risale all’anno mille, probabile residenza del Dominus. Oggi l’edificio si presenta ristrutturato. I vecchi ricordano che sotto l’arco vi era un affresco, oggi scomparso, raffigurante la fuga in Egitto.

LA CA’
Il toponimo è molto comune e solitamente indica un edificio, a volte isolato, di una certa importanza che spesso costituisce un punto di riferimento. Nel caso di Mondonico la Ca’ è un complesso rurale all’imbocco del “Valloncello” da cui nasce un ramo del torrente Molgora. Già nel XVI secolo viene citato il luogo con il nome di “Chà”

IL VALLONCELLO
Bastano pochi passi e ci si trova in un mondo incantato! Stiamo però uscendo dal Parco! Purtroppo non si è costituito il Parco del San Genesio che congiunto, con l’annessione di Mondonico, al Parco di Montevecchia avrebbe costituito una grande oasi ed un canale per la mobilità indisturbata degli animali. Fortunatamente , l’alta naturalità dei luoghi , determina uno stato di fatto che l’uomo non ha saputo tutelare con una legge appropriata. Speriamo che questo stato di fatto duri!
Tornando sui nostri passi, questa valletta è stata scavata da un ramo del Torrente Molgora (l’altro nasce a Cagliano). Nell’ottocento questo ramo veniva chiamato “Roggia della Fabbrica”, nome preso dall’insediamento industriale a valle (Monticello). Questa parte del Molgora a sua volta è formata da un affluente che nasce a Pau e da un affluente che nasce a Campsirago che si congiungono in località MULINO DI MONDONICO: un edificio dall’architettura particolare, con archi gotici, oggi completamente ristrutturato e adibito ad abitazione privata.

Percorriamo il ramo che nasce da Campsirago. Qui l’acqua ha scavato una gola profonda mettendo a nudo la roccia arenaria di cui si può vederne la sedimentazione: un vero “spaccato geologico”. L’ acqua del torrente con i suoi giochi, con le sue cascatelle ha scavato delle pozze e formato placche di travertino creando, complice la rigogliosa vegetazione, degli scenari da fiaba! I nostri vecchi hanno chiamato “pozzet” le più pozze più profonde e “buiòch” quelle meno profonde. A queste pozze hanno dato dei nomi (che stiamo dimenticando) in cui si riflette la loro semplicità!
- Buiòch del Pont: perché vicino al ponte.
- Buiòch de la Rosa: per i mulinelli d’acqua.
- Pozzet de la Vonta: dal nome dialettale della famiglia che abitava il Mulino.
- Buiòch di do rogul: per la presenza di due grandi querce.
- Buiòch di saltarei: per i gradoni di travertino.
- Buiòch de la pianta forestera: per la presenza di una pianta la cui specie era sconosciuta.
- Buiòch del Pin: riferito ad una persona (Pin diminutivo di Giuseppe).
- Pozzet a volt: la pozza più in alto.

Il valloncello è stato immortalato nei quadri di Emilio Gola (1851-1923): famoso il quadro del 1899 “Valloncello con lavandaie e panno bianco”. Nei quadri del Gola le lavandaie non sono affaticate ma sono ritratte con visi sereni che rispecchiano l’armonia di questi luoghi oggi ancora intatti.

STRADA PER CAMPSIRAGO
Seguiamo il sentiero e lasciamo il Molgora per salire fino ad incrociare la strada per Campsirago. Questa era una strada importante che conduceva al Monte; prova ne sono la fattura del particolare acciottolato, gli imponenti muri a secco di contenimento, le opere per governare le acque. Il monte era abitato, numerosissimi e poderosi muri a secco recuperavano campi piani. I ronchi erano messi a vite. E’ significativa la pietra che indica il confine tra gli allora Comuni di Campsirago e Mondonico datata 1685.

CASINO
Dimora estiva del canonico monzese Dottor Don Melchiorre Soannio (acquistata dai Bonfanti) . Dopo la sua morte (1743) divenne proprietà dei Padri Gesuiti di Monza. Con la soppressione dell’ordine (1773) le proprietà requisite, rappresentate dal palazzetto e dai terreni con annessa la chiesetta di Santa Croce, vennero vendute ai nobili Secco di Aragona. Successivamente la proprietà passò alle famiglia Prevosti e Magistretti. Oggi la proprietà fa capo alla famiglia Magni. In paese gira la voce di un possibile recupero…….

CHIESA DI SANTA CROCE
La chiesetta fu edificata dalla famiglia Bonfanti all’inizio del ‘700. La sua esistenza é testimoniata dal testamento, datato 3 gennaio 1709, con cui la signora Giuditta Piacentina Bonfanti dispone un lascito per la celebrazione di una messa alla settimana Nel 1735 anche il Soannio fece lascito di un legato per la celebrazione della messa settimanale che veniva officiata dal parroco di San Zeno in cambio, ogni anno, di una mezza brenta di Malvasietta ottenuta dai ronchi circostanti. Con l’avvento dei Gesuiti vi fu una contesa con la chiesa di San Zeno per l’assegnazione della mezza brenta di Malvasietta. Un ironico scritto del tempo riferisce della disputa finita a favore dei Gesuiti i quali, causa la soppressione dell’ordine, alla fine non poterono godere del buon vino di Mondonico.
All’interno della chiesetta, nella piccola sacrestia, vi è una lapide che recita: “ D.O.M./ A Carlo Crippa di Cremella/In tutte le virtù Cristiane e domestiche esemplarissimo/ Carlo Francesco Secco d’Aragona/Grato ai fedeli ed amorevoli servigi di dieci lustri/ in lacrime pose/MDCCCLX”

Fine del piccolo viaggio a piedi.
(a cura delle GEV Michele Villa & Dossi Giovanna)
P.S.. Queste poche righe non hanno altro scopo se non quello di fare amare il territorio e la gente del Parco.
Per la compilazione di questo pro memoria abbiamo attinto alle seguenti fonti:
“OLGIATE MOLGORA Una storia in cammino” di Lorenzo Brusetti e Massimo Cogliati . ED. BELLAVITE
“OLGIATE MOLGORA Cent’anni da Guardare” a cura della Associazione Culturale Insieme per Olgiate, testi di Lorenzo Brusetti e Massimo Cogliati . Volume realizzato dal Comune di Olgiate Molgora.
“UNA CHIESA LUNGO UNA VIA” Testi di Lorenzo Brusetti e Massimo Cogliati con il contributo di monsignor Antonio Rimoldi e di monsignor Ennio Apeciti ed a cura di don Walter Magni. Volume edito dalla parrocchia di Monticello di San Zeno con il contributo del Comune di Olgiate Molgora. “CARTELLONISTICA DIDATTICA” del “Sentiero Sensazionale”